Diario di un Volontario: storia di un amore senza confini

Glory e Mohamed, lei cristiana e lui musulmano, si amano in un paese che non lo consente. Quando a causa loro rischia di scoppiare un conflitto fra le famiglie, decidono di scappare in un altro paese non lontano. Lì trovano lavoro e iniziano a ricostruirsi una vita. Ma le famiglie non demordono e riescono a trovarli. Di nuovo in fuga, stavolta partono per un paese dove non possono essere raggiunti, dove poter vivere in pace: l’Italia.

Quando arrivano lui sta male e viene portato in ospedale; facciamo in modo che lei resti in città per potergli stare vicino. Quando il giorno dopo vado a trovare il ragazzo in ospedale, lui riconosce la divisa che indosso e con gli occhi che gli si riempiono di lacrime trova un modo per comunicarmi tutta la sua angoscia per il non sapere nulla sulla sorte della moglie. Il suo viso si illumina alle notizie che gli porto e alterna i ringraziamenti in inglese alle benedizioni in arabo.

Poi vado a trovare Glory.

Ha funzionato tutto, un altro tassello è andato al suo posto.

Tre mesi dopo mi arriva a sorpresa la telefonata di un volontario, in compagnia di Glory che chiede di me. Che ci fa sola in città? Perché non è al CARA con Mohamed? Penso al peggio e mi viene un tuffo al cuore. Quando li raggiungo lei è seduta immobile su una panca; mi vede e le lacrime iniziano a scorrerle sul viso. Ormai da mesi, Mohamed è al CARA ma non con lei: Glory si trova a Catania e non è stato ancora disposto il suo trasferimento al campo. Non le hanno nemmeno dato dei vestiti adatti alla mutata stagione, è ormai inverno e ha ancora ai piedi le infradito che le avevamo dato allo sbarco. Così, è scappata andando in giro per la città, “forte” delle uniche due parole in italiano che conosceva: Croce Rossa e il mio nome, due appigli a cui aggrapparsi in un momento di disperazione.

E’ andata bene e il tassello è tornato al suo posto.

E’ passato quasi un anno da quel giorno. L’ho incontrata al CARA; raggiante in viso e con un sorriso sornione, senza dire niente mi porge il fagotto che tiene in braccio, il figlio nato da poco. Gli hanno dato un nome italiano perché la loro vita sarà qui e vogliono essere italiani. “Inshallah” ha chiosato Mohamed.

Riccardo Reitano